"Un bocòn mì, un bocòn tì, un bocòn al càn , ham!"


filastrocca che mi raccontava nonna, armata di tazza e cucchiaio, per rendermi più dolci i bocconi del cibo che non gradivo

domenica 25 ottobre 2009

Passeggiata autunnale



Ho vissuto per molto tempo in campagna, in uno di quei paeselli del nordest dove basta svoltare l'angolo e ti ritrovi dagli spazi aperti di prati e campi, dove il tempo sembra sospeso, ad una periferia urbana trafficata, sempre in movimento e in divenire. Oggi questo scorcio di autunno ci ha regalato una di quelle giornate tiepide e  dall'aria tersa dove i colori spiccano vividi e un po' sfacciati, dove l'azzurro del cielo non è sporcato in nessun modo da tocchi di nuvole bianche, dove le fronde degli alberi sfoggiano una tavolozza meravigliosa di verdi chiari, di gialli e aranci e qui e là punte di rosso come il fuoco, acceso dalla luce del sole. Solo una natura piena e incontaminata ti può far sentire al massimo questa voce fatta di luci e colori, suoni, odori e profumi tutto avvolto in un silenzio ovattato. Mi sono ritrovato a passeggiare per quei luoghi dai quali sono in qualche modo fuggito, perché la natura ha questa particolarità, a volte, di ampliare un senso di solitudine e di distanza dal mondo che si prova dentro. Ed è allo stesso tempo così bella, in certi momenti, che ti fa male al cuore il pensiero che tutto passa e cambia.



Il mio mondo incantato ha un restrogusto di campagna e di collina, il rumore di un ruscello che ad un certo punto precipita da un salto di dislivello, lambendo con le sue acque le pale di un mulino, rumoreggiando e spumeggiando, per spegnersi poco dopo in un'andatura placida e scorrevole, accarezzando rive erbose su cui si affacciano, specchiandosi, platani dai fusti chiari e maculati, alberi d'acacia e di sambuco, noccioli selvatici e alberi di nesplole e olmi nodosi. Ha stradine strette di terra battuta dove l'erba si ostina a ricordare che quello è il suo regno, vigne sparse accanto a campi di mais e di frumento, e cornacchie che gracchiano in lontananza, e nidi enormi sospesi sulle punte degli alberi con le sommità ormai spoglie. Ha il profumo di erba bagnata e foglie secche, e funghi chiodini arrampicati sui tronchi d'albero tagliati.  Ha il rumore del mulino ad acqua del nonno, con tutti quegli ingranaggi di legno e ferro avvolti da cinchie di cuoio, e la macina di pietra che schiaccia i chicchi trasformandoli in farina, polvere preziosa color dell'oro. E' un suono ovattato e lieve, scandito e sempre uguale, come un battito del cuore in un corpo fatto di legno ed acqua.
E' un mondo che sta scomparendo, lo so, un po' alla volta ma accadrà, ma so anche che per quanto io possa andare lontano, una parte di me è fatta di lui.


1 commenti:

Günther ha detto...

a volte più si scappa da un luogo e più ci si ritorna, le proprie radici non si perdono mai anzi con il tempo sono più vive che mai, è stato un piacere leggere questo post, vorrei scrivere in italiano cosi...

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